sabato 28 giugno 2014

3 Women, di Robert Altman (1977)

Una femminea Trinitas galleggia piano nelle sorde acque termali di Desert Springs.
I tre corpi sono sospesi sopra ad inferni arcaici, murales che ricoprono costantemente i fondali di piscine perennemente vuote, involucri in cui le tre protagoniste finiscono per affondare,  in un costante soliloquio, in cui le parole rincorrono figure di spalle e orecchie tappate.
La puerile infermiera, insegue in un microcosmo di cloro  e antichi corpi, la collega più anziana, la solipsisticamente esuberante Mille.
Mille costruisce tramite il logos un immenso intrico di relazioni fittizie: cene in cui i commensali giocano il ruolo degli assenti, appuntamenti in cui vengono divorati uomini mai presenti.
Le Parole colpiscono la giovane collega, l’unica a cui pare arrivino all’interno della struttura ospedaliera, in cui Millie spesso parla alle bianche pareti, a colleghi che le danno le spalle o timpani ormai marcescenti di qualche anziano degente.
Millie recita un inconsapevole soliloquio, immersa in un vanesio universo giallo pastello, una prigione asfittica, in cui  Pinky si farà volutamente ingabbiare, fino alla tragica consapevolezza, che dilanierà le sorti.
Il terzo elemento della Trinitas, Willie, è la perfetta antitesi dell’infermiera Millie.
La donna è colei che Sceglie l’isolamento, sorta di stilita del deserto, che al posto dell’alta torre sceglie i bianchi muri delle fosse\piscine in cui disegna, senza emetter parola alcuna,  enormi figure arcaiche, uomini mostro dai grandi falli e dal volto da primate, metaforizzando la figura dell’uomo rurale a cui egli stessa è tragicamente legate, sorta d’oggetto che servirà ad attivare il meccanismo, dopo esser stato usato da trampolino sessuale (per Pinky), da legame fallato (Millie), da spermitico arcangelo (Willie), attivando così la catarsi finale.
Altman dona alla solitudine uno spettro di tre colori perturbanti: il giallo della socialità disperata di Millie che si fonde inesorabilmente con la sabbia della landa deserta, il rosa virginale che avvolge Pinky fino alla caduta dell’iniziale imene, il blu delle piscine dal quale fondo occhi luciferini avvolgono i tre destini e spingono verso le proprio bocche mostruose chi ormai ha superato la soglia.
Un’opera ipnotica, dissociata, muta.