lunedì 5 agosto 2013

Ladoni, Artur Arystakisjan (1993)



Classe 1961,  Kishinev (Moldavia), riporta su celluloide l'esperienza vissuta tra il 1986 e il 1990, in cui visse tra i diseredati di Kishinev empatizzando le loro esistenze e riuscendo a trasportare il vissuto in un lungometraggio, "Ladoni" ( La palma della mano), presentato nel 1993 per il primo diploma di laurea.

Di Ladoni si potrebbero dire tantissime cose. 
Talmente tante da snaturarne il senso  rendendolo un atto voyeuristico, un mero documentario sulla vita dei diseredati di Kishinev, parole che se lette possono essere travisate, portando il casuale lettore a figurarsi uno shockumentary moldavo, un teatro del grottesco in cui dar sfogo alla curiosità più morbosa nei confronti dei cosiddetti "freaks".
Ladoni è un gesto taumaturgico, è un'opera profonda in grado di generare empatia verso chi abbia voglia di abbracciarla, senza provare compassione. La compassione non deve accompagnarci durante la visione dell'opera, il commento lirico e le musiche di Verdi sono presenti per tenerci distanti da questo sentimento banale, massificato e buonista.
I diseredati di Kishinev sono talmente distanti da essere per estremo vicinissimi al Cristo ( o forse lo sono loro stessi); non esiste essere in quei sobborghi moldavi o nelle paludi, ad essere più vicino al Cristo. Lo toccano con gli arti menomati, lo baciano con le bocche esplose, lo vedono nell'oscurità più totale, e lo fanno rinascere nei loro corpi così deformi e così perfetti da essere loro il vero tramite, il Corpus Christi arystakisiano, che viene offerto ( Ladoni in italiano sarebbe "Le palme della mani") e ricevuto nelle mani martoriate dal vivere, estirpate dalla miseria che tutto pervade, le mani che appunto stringono il niente, che però è il tutto, il cosmo, portando a compimento la funzione religiosa del vivere e del ricevere.
L'immagine non li segue, non indaga, non giudica e non indugia. E' un occhio puro, come poteva essere l'occhio di Brakhage durante la realizzazione di "The Act of Seeing with Your Own Eyes", o di un Herzog.
Quello che vediamo non punta a emozionarci, né a portarci a riflessioni sulla condizione di chi vive ai margini. 
D'altro canto non si può neanche dire che sia un'opera completamente caotica o astratta: il film è strutturato in 10 capitoli, e qual volta è intramezzato da immagini che ci riportano alla mente il martirio dei cristiani nel colosseo ad opera di Nerone, per creare un tramite indissolubile tra i primi martiri in età romanica ed i nuovi: i diseredati di Kishinev, che nel loro trascinarsi si portano appresso la sofferenza dell'Uomo, ognuno di loro è Atlante che trasporta il mondo, privato degli arti, ma proprio per questo degni di essere alla destra del Padre, come diretta progenie.
Ad accompagnare il tutto troviamo le musiche di Verdi, che come il Vivaldi pasoliniano viene suonato dove la vita, come la intendiamo noi, marcisce.

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ENG

For international pleasure:
 
Born in 1961, Kishinev (Moldova), reports on celluloid the experience lived between 1986 and 1990, where he lived among the dispossessed of Kishinev empathizing their lives and being able to carry on living in a feature film, "Ladoni" (The Palm the hand), presented in 1993 for the first bachelor's degree. Ladoni is a miraculous act, it is a profound work that can generate empathy for those who wish to embrace it, without compassion. Compassion should not accompany us during the vision of the work, the lyric comment and music by Verdi are there to keep us away from this banal feeling, massified thought and feelgood. The dispossessed of Kishinev are so far away as to be for extreme close to Christ (or maybe they are themselves), and in the suburbs of moldovan cities or in the swamps there's no human begin that recalls Christ as they do. they touch him with maimed limbs, they kiss him with their exploded mouths, they see in total darkness as He revives in their bodies, so deformed but perfect as this arystakisjan corpus christi is given in their crippled hands, hands that can hold nothing but in the same time they hold the cosmos, fulfilling this religious function of living and receiving
















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